Pillole di ordinario sessismo: viaggio dal Giappone all’Italia
In Giappone le donne non possono indossare gli occhiali al lavoro. Dopo l’obbligo dei tacchi alti, dal Paese del Sol Levante arriva l’ennesima discriminazione di genere. E, dopo la denuncia in un reportage televisivo, è subito partita la mobilitazione social.
Se sei nata donna e vivi in Giappone, infatti, fai attenzione! Gli occhiali non sono graditi, anzi, sono vietati. Rigide regole estetiche costringono le donne giapponesi a portare le lenti a contatto se vogliono lavorare e a denunciare questa forma di discriminazione ci ha pensato ora un reportage televisivo che subito ha scatenato la mobilitazione dei social all’insegna di un hashtag che si può tradurre con, appunto, «gli occhiali sono vietati» come riporta il Guardian.
Ma il divieto degli occhiali non è l’unica costrizione a cui le donne del Sol Levante devono ribellarsi. A inizio 2019, per esempio, era diventata virale la protesta contro l’obbligo di indossare i tacchi alti sul lavoro. Più di 20 mila persone avevano firmato una petizione online da presentare al governo, avviata dall’attrice e scrittrice freelance Yumi Ishikawa, dando il via al movimento #KuToo. Una richiesta caduta nel vuoto. «È generalmente accettato dalla società che le donne debbano indossare le scarpe con i tacchi alti, ed è una pratica considerata necessaria e appropriata nei posti di lavoro», ha commentato il ministro Takumi Nemoto, rispondendo a una domanda dell’opposizione nel corso di un’interrogazione parlamentare. Nemoto ha inoltre precisato che obbligare le cittadine a seguire un codice di abbigliamento costituirebbe un abuso di potere solo quando la dipendente ha un ferita o un piede dolorante, ed è costretta dal datore dei lavoro a mettere calzature scomode. Insomma non sorprende che il Giappone sia alla posizione 110 (su 149 Stati) nel rapporto globale sul divario di genere del World Economic Forum.
E in altre parti del mondo come va? Un po’ meglio, ad esempio, in Arabia Saudita dove sono stati finalmente aboliti gli ingressi separati per maschi e femmine nei ristoranti. Cade, quindi, un nuovo tabù sociale del regno ultraconservatore, ma la parità è ancora lontanissima. Al Jazeera ha, infatti, sottolineato che non è chiaro se uomini e donne potranno sedere agli stessi tavoli e ha aggiunto che la misura non è obbligatoria, e che quindi potrebbe esserci qualche ristoratore che preferisce mantenere la rigida separazione. Insomma, saranno i proprietari degli esercizi a decidere. In Arabia Saudita, a partire dalla fine del 2017, erano già state abolite altre norme discriminatorie: prima il divieto di guida per le donne nel giugno del 2018, poi l’obbligo di avere il permesso di un ‘custode’ maschile “per viaggiare all’estero.
E in Italia le cose come stanno? Il nostro è un paese sessista che fa fatica a cambiare. Se è vero che lo Stato si sta mostrando più attento al tema della violenza sulle donne, è altrettanto vero che c è una mentalità sessista fatica a morire. In realtà, non c’è molto da stupirsi, perché in politica lo sfoggio del sessismo è all’ordine del giorno. Da Donald Trump, che potrebbe tranquillamente tenere una lectio magistralis in misoginia, a Silvio Berlusconi, vecchia conoscenza delle italiane che spesso è ‘inciampato’ in gaffe sessiste, la lista degli esempi è lunga, con i commenti sul lato B della ministra Maria Elena Boschi e i tacchi a spillo di Daniela Santanchè. Dalla prima alla seconda Repubblica i commenti sessisti non si contano, al giudizio maschilista non si è sottratto nessun giornale e nessun politico, dal partito comunista ai grillini.
E lo sport non è da meno. Nonostante la Nazionale femminile ci abbia fatto sognare ai recenti mondiali di calcio in Francia, raggiungendo, infine, l’agognato professionismo, i commenti sessisti continuano ad imperversare e hanno raggiunto livelli imbarazzanti in merito al ruolo della donna all’interno del mondo del calcio. Emblematico, in tal senso, il caso del giornalista e commentatore sportivo Sergio Vessicchio, che nel corso di una telecronaca, nel marzo scorso, disse in diretta tv rivolto alla guardialinee Annalisa Moccia: “Inquadrate l’assistente donna, che è una cosa inguardabile. E’ uno schifo vedere le donne che vengono a fare gli arbitri”. La vicenda, per fortuna, si è conclusa nel modo migliore: con la radiazione di Vessicchio dall’ordine dei giornalisti, ma resta il fatto che se sei tifosa, calciatrice opinionista o procuratrice poco importa: gli attacchi si fanno sempre più pressanti.
Rossana Caudullo