La storia di Valeria, sopravvissuta all’uomo che sembrava perfetto e che invece l’ha quasi uccisa

Valeria (il nome è di fantasia) ha 32 anni ed è madre di una bellissima bambina di 4 che ama più della sua vita, ma che, deve essere sincera con se stessa, non può dire essere figlia dell’amore. Quando Valeria ha scoperto di essere incinta, infatti, accarezzava già da qualche tempo l’idea di lasciare suo marito Vincenzo (anche il suo è un nome fittizio, per tutelare la privacy di tutti i protagonisti di questa storia) sposato con tanto di abito bianco e parenti sorridenti al banchetto di nozze.

Sembrava una favola, invece Valeria la libertà e la serenità ha dovuto riprendersele sgomitando, rischiando di finire la propria esistenza su un letto d’ospedale a causa delle percosse dell’uomo che si era presentato come un vero principe azzurro. Adesso è una donna, una madre che ha la bellezza di chi ha sfidato la sorte e vinto la propria battaglia, di chi sa cosa vuole dalla vita. Ha la fierezza di chi è scappata di notte con la sua creatura avvolta tra le coperte, e che sta ancora lottando contro i fantasmi che una storia violenta lascia nella memoria e nel cuore, ma che guarda al futuro con speranza.

Valeria, com’è iniziata questa storia?

L’ho conosciuto ad una festa di compleanno, me l’ha presentato un amico. Ho notato subito che era un bel ragazzo, la simpatia e l’attrazione sono state reciproche e abbiamo iniziato a parlare. Lui era molto dolce, tranquillo, gentile, simpatico, con la battuta giusta al momento giusto. Dopo una settimana siamo usciti insieme per la prima volta. Mi ha portata a cena fuori e, tra una portata e l’altra, ho pensato davvero che potesse essere quel grande amore che arriva per farti felice quando meno te l’aspetti. Lo vedevo come un uomo molto sicuro e indipendente, mi sentivo protetta al suo fianco, mi sono fidata.

Quando è cominciata, effettivamente, la vostra relazione? E quando hai sentito i primi campanelli d’allarme?

Ci siamo fidanzati dopo circa un mese ed è stato durante un momento d’intimità che, guardandolo negli occhi in cerca di dolcezza, ho inaspettatamente trovato uno sguardo cattivo, carico di rabbia. Ho pensato che mi stavo sbagliando e che dovevo solo rilassarmi e vivermi al meglio quella storia. Non ho seguito il mio sesto senso e dopo pochi mesi lui ha iniziato a cambiare. Sono cominciate le pressioni psicologiche, ho saputo che fino a pochi giorni prima di mettersi con me aveva giurato amore eterno alla sua ex, anche lei distrutta da anni di ossessione malata e di gelosia. Lei si era totalmente annullata, io mi sono salvata appena in tempo, anche grazie a Donne a Sud. Mi ha fatta sentire sbagliata, la colpa era sempre mia per qualunque cosa, vedeva il male in tutto, in ogni gesto, io dovevo tenere lo sguardo basso sia in casa che fuori e se osavo alzarlo poteva arrivarmi addosso di tutto, dalle mani alle sedie. Poteva perdere la testa anche per una canzone, perché nel momento in cui la ascoltavo rubavo del tempo a lui. Mi succhiava tutte le energie, per me non rimaneva nulla.

Quando è arrivato il primo schiaffo?

Ѐ successo in un pomeriggio in cui eravamo sposati da tre mesi circa. Mentre pulivo la camera da letto ho trovato un cellulare del quale non sapevo l’esistenza, con dei messaggi inviati da donne con le quali mi costringeva ad uscire in gruppo e che ho scoperto che avevano, o avevano avuto, una storia con lui. Quando è rientrato mi sono fatta trovare col cellulare in mano e gli ho chiesto spiegazioni. Cercando di passare per vittima, mi rispose: “Come ti sei permessa di frugare tra le mie cose? Ti piacerebbe se lo facessi io con te?”. Poi ha preso il cellulare, l’ha riposto in una cassettina di ferro e me l’ha scaraventata addosso, urlandomi contro: “Te ne puoi andare, non ti voglio più”. In quel momento sarei dovuta fuggire lontano, ma, nella mia mente già compromessa, invece che l’istinto della fuga e della sopravvivenza è prevalso quello del “non lo voglio perdere, è mio marito e devo riuscire a cambiarlo”. Non me ne sono andata, e poco dopo lui mi ha lanciato una poltrona addosso. Le urla hanno richiamato una vicina, che ha citofonato chiedendo se andasse tutto bene. Alla fine sono uscita da quella casa col cuore spezzato, sono tornata da mia madre e non l’ho cercato per giorni. Lui a quel punto ha fatto di tutto per non perdermi. Era la fase della ‘luna di miele’ e ci sono cascata, ho creduto davvero che episodi come quello non si sarebbero più ripetuti, ed è in quel momento che sono rimasta incinta.

Ma una donna con un carattere e una personalità tanto forti, come fa a non capire quello che sta accadendo?

Ci sono finita dentro senza neanche accorgermene. Io sono altruista e quando voglio bene ad una persona i suoi problemi diventano i miei, lui ha fatto leva su questo lato del mio carattere. Mi sapeva circuire, e l’ho capito solo quando ormai non riuscivo a lasciarlo: ero diventata dipendente dalla sua violenza. Di lì a poco i lividi sono diventati perenni, tutte le sere finivano con le mani addosso. C’era sempre un motivo per litigare. Del fatto che fossi in gravidanza non gli importava nulla, anzi, era un motivo in più per farmi sentire brutta, sbagliata, e più mi insultava e disprezzava, più volevo conquistare valore ai suoi occhi. Mi sono accanita perché gli volevo bene, e gli volevo bene perché c’erano dei momenti in cui sapeva essere la persona più dolce del mondo. Io mi nutrivo di quegli istanti e dicevo a me stessa: “Se questo ragazzo sa essere così speciale, perché non può esserlo sempre? Vuol dire che ha qualche problema e io lo devo aiutare a risolverlo. Ci devo riuscire!”.

Possibile che nessuno si accorgesse di niente? Come hanno fatto i tuoi genitori a non capire?

Mia mamma si è insospettita, ma io non le davo neanche modo di pormi delle domande. Lui mi ha allontanata anche dalla mia famiglia, perché la vedeva come una minaccia. Quando qualcuno mi chiedeva la ragione dei lividi, rispondevo che me li ero procurati distrattamente. Sono diventata una bugiarda bravissima: una volta cadevo, un’altra sbattevo contro le maniglie delle porte o gli angoli del letto. Non volevo che lo vedessero come un mostro. Cercavo di proteggere tutti, tranne me stessa. La nascita di mia figlia per un po’ mi ha permesso di distogliere l’attenzione da lui e di ritagliarmi dei momenti di pura dolcezza. Fino a quando, una sera, mi ha mandata all’ospedale.

Mi racconti cos’è successo quella sera?

Tutto è partito da una sorpresa. Ero tornata a casa dei miei con la bambina perché stava poco bene e avevo bisogno di aiuto. Mi sentivo completamente senza forze e non riuscivo a prendermi cura di lei. Con Vincenzo non ci siamo visti per giorni, e quando siamo tornate, senza preavviso, si è arrabbiato da morire, perché odiava le sorprese. Poco dopo si è calmato ma, nell’ambito di una discussione, ho detto di no ad una sua richiesta ed è stato l’apocalisse. Mi ha presa a calci, mi ha colpita ovunque. Non riesco ancora oggi a capire come io abbia fatto ad arrivare fino all’auto con mia figlia in braccio, a chiamare le mie amiche e a guidare per diversi chilometri verso l’ospedale, vomitando. Quella sera ho detto basta. Avevo escoriazioni e ferite su tutto il corpo: le orecchie erano tumefatte, come le braccia, le gambe, la schiena. Ero frastornata, non sapevo che fare. E’ stato allertato il commissariato di Polizia, e ho vuotato il sacco, ho raccontato tutto e l’ho denunciato. A quel punto è stato contattato il centro antiviolenza di Donne a Sud.

Come ha reagito lui?

Il giorno dopo sono iniziati ad arrivare dei messaggi in cui mi chiedeva scusa e si giustificava, ma io l’ho ignorato e sono cominciati due mesi di stalking assiduo. Anche se non si poteva avvicinare a me, sentivo la sua presenza ovunque fossi, mi assillava, mi minacciava. Alla fine è stato deciso che era meglio portarmi con mia figlia in una casa rifugio ad indirizzo segreto. Ci sono rimasta per un po’, quindi siamo partite per il nord Italia. Ci siamo trasferite da alcuni parenti, in attesa che le acque si calmassero, e ho avviato l’iter per la separazione.

Si dimentica? Si guarisce mai del tutto?

Guarire lo spero, ma non si dimentica. Vincenzo mi ha portata ad avere paura degli uomini, dopo la fine di quell’amore temevo anche un abbraccio, ogni contatto umano. Ho cercato me stessa dentro la solitudine, e lì mi sono conosciuta davvero, mi sono guarita da sola e lo sto ancora facendo. Prima rifiutavo anche di parlarne, ho esorcizzato tutto con il silenzio. Ogni tanto mi capitava, fino a poco tempo fa, di sentirmi seguita quando rientravo a casa. Ci sto lavorando, mi sembra di vederlo spuntare da un momento all’altro con gli occhi rossi e pronto ad alzarmi le mani senza dire una parola.

Quale insegnamento ti ha lasciato la storia con Vincenzo?

Mi ha fatto capire che anche i piccoli segnali non devono essere sottovalutati, pure uno sguardo o un bicchiere tolto in un certo modo. Quando ho cominciato a riassaporare la mia libertà, ho iniziato a vedere tutto dall’esterno e a capire quanto gli avessi fatto calpestare la mia dignità. Non lo so dove l’ho trovata la forza e chi me l’ha data, probabilmente l’amore verso mia figlia. Io ho visto la morte in faccia quella sera di settembre, e aveva il volto del mio principe azzurro. Adesso apprezzo molto di più la normalità, e la semplicità delle cose e delle persone.

 

Intervista a cura di Valentina Frasca

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