Kamala Harris: le battaglie, le vittorie, le ali e le radici
“Sebbene io sia la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima. Penso a intere generazioni di donne che hanno battuto la strada per questo preciso momento. Penso alle donne che hanno combattuto e sacrificato così tanto per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia per tutti, comprese le donne afroamericane, spesso trascurate ma che spesso dimostrano di essere la spina dorsale della nostra democrazia”.
Ecco le parole con le quali Kamala Devi Harris ha ufficialmente iniziato la sua avventura alla Casa Bianca. In genere, non sappiamo chi lascerà una traccia di sé nella storia. Di Kamala Harris, però, abbiamo la certezza che lo farà anche ora, mentre la storia è in corso, perché è la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti, ma non solo.
Il papà e la mamma sono arrivati in America negli anni ’60, lasciando le rispettive nazioni d’origine: la Giamaica il padre, l’India la madre. Kamala, pertanto, è anche una donna di colore ed è figlia di migranti. Eppure eccola lì, orgogliosa, fiera. E’ salita sul tetto del mondo scalando la montagna quasi a mani nude, conquistandosi la vetta centimetro dopo centimetro, forte delle sue battaglie e dei suoi ideali.
Sarà il tempo a dirci se saprà lavorare bene per il suo Paese, ma è impossibile non aspettarsi grandi cose da questa donna che, ancora bambina, con la sorella andava a trovare il papà a Palo Alto, nei weekend, ma non poteva giocare con i figli dei vicini perché “era nera”. Ne è passata, da allora, di acqua sotto i ponti e nel dicembre scorso il Time l’ha incoronata «persona dell’anno», insieme al presidente eletto Joe Biden.
Merito del lavoro svolto durante i numerosi incarichi ricoperti e a seguito delle vittorie alle urne, che l’hanno vista crescere e intestarsi battaglie meritorie: dalla dispersione scolastica ai reati sessuali, passando per lo stalking e il revenge porn. Porta la sua firma, inoltre, l’istituzione, in seno al California Department of Justice, della eCrime Unit, un’unità di 20 procuratori che perseguono i delitti tecnologici.
Davvero un curriculum di tutto rispetto, che ci ricorda come nulla sia impossibile e ci fa guardare con ottimismo ai prossimi 4 anni di governo statunitense. Kamala ci insegna che appena un po’ più in là del razzismo e del sessismo, passando attraverso lo studio, il coraggio, la forza e l’esperienza, c’è la speranza. La stessa speranza che trasuda da un altro passaggio del suo discorso d’insediamento e destinato ai giovani, uomini o donne che siano: “Sognate con ambizione, guidate con convinzione e guardate a voi stessi in modo che forse gli altri non vedranno, ma semplicemente perché non lo hanno mai visto prima. E noi vi applaudiremo ad ogni passo”.
Buon lavoro, Kamala!
Valentina Frasca, Giornalista